Lavoratori Fuori Sede

Servizi di Accoglienza Abitativa ed Educativa

L’avvento di un nuovo modo di gestire i rapporti di lavoro e, di conseguenza, l’aumento di sempre più lavoratori precari in Italia, e non solo, se da un lato ha aggravato le situazioni di fasce di popolazione che già versavano in pessime condizioni abitative o a cui erano destinate soluzioni temporanee e istituzionalizzanti, dall’altro sta mettendo in evidenza l’esistenza di “nuovi” strati di popolazione che si trovano in disagio abitativo, non necessariamente connessi a difficoltà sociali, in cui l’unico problema è quello di avere uno spazio abitativo in cui risiedere ad un prezzo modico rispetto alle proprie capacità di spesa. Rientrano infatti in questa fascia differenti tipologie di abitanti, con esigenze personali e storie abitative molto variegate: si possono, ad esempio, considerare persone con momentanei stati di disagio abitativo (come può essere un padre appena separatosi dalla moglie/famiglia madri sole con figli a carico, ex carcerati, ,), così come persone con un futuro abitativo incerto (un anziano che sta progressivamente perdendo l’autonomia), o ancora persone con esigenze abitative in transizione (ad esempio un giovane studente o lavoratori fuori sede, stranieri).
Si è quindi pensato di rispondere a questi bisogni con la risorsa del social housing temporaneo, ossia intervenire sulle fragilità temporanee legate soprattutto a una fase della vita, fornendo alle persone che ne hanno bisogno un alloggio per il tempo necessario al superamento della crisi personale e al conseguimento della definitiva autonomia.
Si tratta in sostanza di offrire una sistemazione abitativa per un lasso di tempo ricompreso tra qualche mese ed un anno, a persone che per ragioni di carattere sociale, economico, familiare, professionale, vivono una fase di transizione o di momentanea difficoltà.
Oggi la crisi economica impone di cercare lavoro là dove c’è, ecco allora che assistiamo a una ripresa dei movimenti migratori interni, sia intra-regionali che interregionali, in particolare nella direzione Sud-Nord. Oppure la popolazione giovane, che a causa del prolungamento dei percorsi di formazione e della diffusione di rapporti di lavoro precari ha sempre meno capacità di accedere al mercato immobiliare. Tutto ciò inizia a rappresentare la crescente area grigia di disagio meno esplicito, multiforme e spesso temporaneo, che caratterizza nuclei familiari che dispongono di un reddito insufficiente o quasi a far fronte alle spese abitative, o perché troppo alto per accedere ad alloggi popolari, oppure perché non riescono a rivolgersi al mercato per esigenze personali (ad esempio per la necessità di un alloggio temporaneo). Si tratta in ogni caso di soggetti in bilico tra emergenza e normalità, in cui un evento imprevisto può far precipitare in uno stato di vera e propria emergenza abitativa. Le residenze temporanee dovrebbero essere una casa per chi vi soggiorna, anche se per brevi periodi, promuovendo la conoscenza reciproca e lo scambio, coinvolgendo gli abitanti nella cura di spazi comuni e nell’auto-organizzazione delle attività, supportando chi ne ha necessità nell’attivazione e nello sviluppo delle proprie risorse per il raggiungimento di una piena autonomia abitativa.